COSIMO BRUNETTI
sabato 23 novembre 2013
giovedì 1 novembre 2012
Parlare delle mie muse ispiratrici (che sono molteplici) è per me una cosa molto intima. Non lo faccio mai con nessuno perchè farlo significherebbe parlare indirettamente anche della mia vita privata e affettiva. Per me l'arte è strettamente collegata alla vita che conduco e agli incontri che faccio. Anche ai miei sogni. I lavori pittorici, i disegni, le animazioni che realizzo, sempre se siano considerati arte, sono costantemente influenzate da quello che sento, che sto vivendo e di come lo sto vivendo. Ho un rapporto molto emozionale con ciò che realizzo: altrimenti sono sicuro, per quel che mi riguarda, che il processo creativo si ridurrebbe a mero esercizio di tecnica e di stile. Trovo linfa vitale da quel che mi circonda: a volte mi ispira, altre mi seduce. Certo le donne hanno questo influsso su di me. Donne e seduzione. Sarebbe riduttivo relegare ora alla semplice attrazione sessuale e fisica il termine "seduzione". Anche un po' offensivo nei confronti delle donne. Quello che mi seduce in una donna e che mi spinge a considerla una musa ispiratrice và ben oltre l'attrazione fisica. Può essere un gesto, una parola, un particolare taglio di luce sul suo volto, un'affinità intellettuale, un incontro legato ad un luogo, e tante altre sensazioni del genere a far scattare la molla, ad attirare la mia attenzione su quella persona. Potrei affermare che, quando scatta in me questa cosa, la donna lascia il posto alla musa. Parlando per metafora la donna intesa come individuo muore e la musa nasce. Non è poi il semplice ricordo di quella donna a ispirarmi, ma la sua "statua", il suo "riflesso" in me. In questo particolare processo di idealizzazione, l'idea di quella donna mi possiede completamente, vive nella mia mente e nel mio spirito, come un fantasma che non trova pace, imprigionato. Sento come il desiderio di liberarmi di quell'ospite inatteso, prima che diventi un'insopportabile ossessione. Non è facile convivere a lungo con i propri fantasmi se non troviamo il modo di liberarcene. L'arte quindi, ossia per quel che mi riguarda la pittura e il disegno (in parte anche la musica) è "solo" uno strumento del quale mi servo per purificarmi dalle muse che albergano dentro di me: le mie ossessioni. Quando questo processo creativo è terminato e si concretizza in un'opera sento come un vuoto appagante: mi sento liberato. Dopo subentra una strana nostalgia. Tornerò presto in cerca di altre muse, anche se sarebbe più corretto dire: saranno loro a venire a cercarmi. Sono poco rassicuranti le mie muse...ma non potrei farne a meno.
Spoleto, 01/11/2012
sabato 11 febbraio 2012
Le parole sono tante puttane: più sale il prezzo e più grande è la libertà (pensieri, versi, appunti vari)
La paura è solo l'altra faccia della medaglia dell'abitudine.
Ne sono sempre più convinto, e per questo motivo mi autoflagello.
(3 luglio 2013)
austera e forte
doni senso al mio tempo
breve come la morte
Sono un uomo
Il lavoro, amica
il lavoro quasi mai tradisce
quando c'è e quando non uccide
ci solleva e guarisce
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"Le parole sono tante puttane: più sale il prezzo e più grande è la libertà" è un verso estratto dal testo di una mia canzone "Non fate ridere" che composi circa quattro anni fa.
Eppure è l’amore per essa che mi spinge a scriverne in questa pagina bianca.
Pagina bianca.
Mi scuserete se introduco così questo scritto; è solo che a volte rimango affascinato da quanti significati possano scaturire da semplici parole. Semplici accostamenti di lettere.
Arte.
Pagina bianca.
Se inizio a pensare all’arte non penso subito all’opera di un artista, penso innanzi tutto alla natura che ci circonda…ma penso ancor prima a noi. A noi esseri umani, che da sempre ci affaccendiamo per creare, per distruggere, per ricreare, ponendoci sempre le stesse domande: “Ha senso quello che creiamo?” oppure “Ha valore quello che creiamo?
Io sono sempre più convinto del fatto che “arte” non è ciò che creiamo, ma ciò che siamo, la nostra intima essenza. Il nostro pensare, ragionare, sognare, combattere, desistere, il nostro continuare (la lista è infinitamente lunga)…questa è arte.
Anche non creare è creazione di un’assenza.
In ambito musicale il silenzio ha lo stesso valore, la stessa importanza, del suono.
Le pagine bianche (parole magiche) non sono che i presagi di ciò che sarà.
Presagi si segni, di lettere, di parole, di significato; eppure la pagina bianca è di già.
Noi in fondo siamo silenzi, attese, presagi di pensieri e di azioni.
Ad un tratto decidiamo di rompere il silenzio, lacerare il vuoto e l’inutilità del tempo, agire per affermare la nostra esistenza. Non ci accontentiamo facilmente. Non ci accontenteremo mai.
Ci arrampichiamo, ferendoci, sulle irte rocce dell’isolamento e dell’inesorabile scorrere del tempo.
Vorremmo essere immortali…ma siamo solo pagine bianche, che la vita, un giorno o l’altro, imbratterà.
Non saprei dire se in quel che è ho scritto è nascosto qualche barlume di verità.
Attendo che siate voi la conferma alle mie fragili supposizioni.
Resto in silenzio ad osservarvi e ascoltarvi, e più lo faccio, più amo l’arte.
Il testo che segue è un character per un potenziale personaggio di fumetti.
Vivo dell'idea del sangue come un assassino.
è il mio chiodo fisso
il mio punto
d'incastro con la vita
con la buona sorte
ma a farci un'abitudine
non ci sono mai riuscito:
l'abitudine alla morte.
(poesia di Salvatore Toma, tratta dal "Canzoniere della morte")
“Adelaide l’assassina”
(Etimologia del nome Adelaide = dal nobile aspetto, dall'antico tedesco)
Adelaide è nata in Germania ma vive in Italia, a Lecce. Ha 35 anni. Ed è bella. Molto bella di aspetto. Capelli ed occhi neri come pece. Corpo mozzafiato e profilo regale. Austera e seducente nei modi.
Ma dentro è marcia. Pericolosa. Irascibile. Violenta. Scaltra...
Da molti anni su un social network ha aperto una pagina personale che usa solo come esca per le sue vittime. Nick name: “Adelaide l’assassina”. Già, perché Adelaide è una vera assassina. Quasi con ironia lo scrive pubblicamente. E in quanto alle vittime lei non fa assolutamente nulla per cercarle: sono loro a cercare lei nonostante il macabro nome. Le vittime sono solo uomini: Adelaide non accetta amicizia da donne.
Dall’adolescente goffo al trentenne intellettuale, dal ricco uomo d’affari in cerca di avventure al settantenne vedovo che “ancora gli tira”. Tutte prede inconsapevoli di una ragazza stupenda e facile da avvicinare.
Perché Adelaide uccide?
Forse perché pazza?
Perché solo uomini?
Forse perché in passato è stata violentata e ora cerca di vendicarsi sul genere maschile?
No, non sono questi i motivi. Adelaide ha avuto un’infanzia più o meno felice, tale e quale a quella di tante bambine della sua generazione. I genitori hanno faticato molto per garantirle gli studi: dalle elementari fino all’università. Terminati gli studi, Adelaide è venuta in Italia e ha trovato vari lavori occasionali per mantenersi un affitto a Lecce, in Puglia.
Allora per quale motivo una ragazza normale come lei uccide gli uomini?
Lo fa...per abitudine. Non si sa come e quando abbia iniziato questo suo passatempo che oltretutto pratica con grande dedizione e passione. Diciamo più che altro che...è abituata a questa sua passione. L’abitudine a togliere la vita al prossimo. Soprattutto a chi disprezza...ovvero gli uomini. Li trova tutti uguali, tutti mossi dalle medesime pulsioni e dalle loro misere idee sulla vita. Quando li incontra e li sente parlare non trova interesse per quello che le dicono. Man mano che i loro discorsi poco interessanti o finto interessati vanno avanti Adelaide si convince che l’unico modo di agire sia ucciderli brutalmente anzichè baciarli o andarci a letto. Che sia per lei un profondo e carnale atto di amore nei confronti dell’anticonformismo? Ah, quasi dimenticavo di dirvelo: Adelaide è molto colta, adora i gatti, il rock classico e scrivere poesie...come resisterle?
Nota storica
Santa Adelaide
Borgogna, 931 – Seltz, Francia, 16 dicembre 999
Nata nel 931 da Rodolfo, re di Borgogna, e da Berta, figlia di Burcardo, duca di Svevia, Adelaide all'età di sei anni rimane orfana di padre e nel 947 sposa Lotario, re d'Italia. Rimasta vedova dopo soli tre anni di matrimonio, viene perseguitata e messa in prigione da Berengario II del Friuli, che si era impadronito del regno d'Italia, essendosi lei rifiutata di sposarne il figlio. Liberata da Ottone I, lo sposerà e ne avrà tre figli, tra cui il futuro Ottone II. Nel 962 papa Giovanni XII la incorona unitamente a suo marito Ottone I. Dopo la morte di questi esercita la tutela del minorenne Ottone III, suo nipote, reggendo l'impero. Attenta agli ultimi e agli indigenti, Adelaide è in stretti rapporti con il movimento di riforma di Cluny, specialmente con gli abati Maiolo e Odilone, il quale ne compone la «Vita». Costruisce chiese e monasteri, beneficando particolarmente i cenobi di Peterlingen, San Salvatore di Pavia e Selz. In quest'ultimo monastero benedettino, da lei fondato presso Strasburgo, Adelaide si ritira fino alla morte nel 999. Presto venerata come santa in Alsazia, viene canonizzata da Urbano II nel 1097. (Avvenire)